Lo Struzzo dalle zampe lunghe
e le bugie dalle gambe corte

Una volta, la savana africana era governata dal saggio Re Jelani, un elefante fuori dal comune per saggezza e bontà. Grazie al re Jelani, nella savana le specie di animali vivevano in armonia, nel rispetto delle leggi di Madre Natura. Ma, come spesso capita, c’è chi vuole primeggiare e cerca di guadagnarsi un posto di prestigio anche con mezzi poco corretti e mettendo in cattiva luce gli altri. Lo struzzo Pinco, che era diventato consigliere del re per le sue grandi doti di onestà e correttezza, temendo di perdere il suo posto a fianco del saggio sovrano, da tempo aveva iniziato a inventare storie assurde sugli abitanti della savana, pensando, così facendo, di aumentare la fiducia che il re riponeva in lui. “Sire, sa che la famiglia di zebre che vive a ovest del grande lago si è spostato nella radura sempre verde, senza chiedere il permesso? Ma ci ho pensato io a farle ritornare nei loro pascoli”. Oppure: “Il leone Bruno e la leonessa Bianca hanno impropriamente catturato un giovane gnu, ma per legge si sa che vanno mangiati solo gli anziani e i deboli. Ci ho pensato io a ricordarglielo e così hanno liberato il povero animale, che sicuramente, vista la stazza imponente, riproducendosi, contribuirà a far aumentare il numero di gnu”. E così via.

Ma il re Jelani non era certo un ingenuo e sapeva bene che Pinco spesso riferiva cose non vere. Per lui non era difficile capire quando le storie riportate dallo struzzo erano totalmente inventate. Il re Jelani, infatti, conosceva bene tutti gli abitanti della savana e si fidava solo di ciò che poteva verificare tramite prove concrete. Per molto tempo fece finta di nulla, ascoltando i racconti dello struzzo, ma senza mai dare credito a quanto veniva raccontato, e soprattutto senza mai andare a fondo e senza mai prendere provvedimenti. Un giorno però, stufo di questa situazione, decise di dare una bella lezione a Pinco.

Pinco si era recato dal re a raccontargli l’ennesima storia assurda: “Sire, oggi ho sorpreso l’elefante Camillo rubare del cibo dalle nostre scorte. D’altronde il poverino ha una famiglia piuttosto numerosa da sfamare. Ci ho pensato io a dirgli che ciò che stava facendo era illegale, oltre che scorretto verso gli altri animali. Camillo ha quindi lasciato la refurtiva e ha compreso di avere sbagliato”. Il re sapeva bene che quanto raccontato da Pinco non era vero. L’elefante Camillo era uno degli elefanti più onesti e affidabili di tutta la savana e mai avrebbe rubato delle risorse che sarebbero state messe a disposizione di tutti gli animali nei momenti in cui il cibo fosse stato più scarso. Il re finse di credere alla storia di Pinco: “Grazie, mio fedele e affidabile consigliere. Questa volta però non posso fare finta che il fatto non sia accaduto. È un’azione troppo grave per essere ignorata. Chissà quante altre volte Camillo avrà rubato dalle scorte e chissà quante altre lo farà. Dobbiamo provvedere a farlo arrestare!”
Pinco certamente non si aspettava una reazione così: “Ma sire, le assicuro che Camillo ha capito di avere sbagliato e non ha portato via nulla di quanto aveva preso”. “Non importa! – incalzò il buon re -, Ha sbagliato e deve pagare. Siamo sempre troppo buoni e permissivi. Di questo passo nessuno rispetterà più le leggi”. Ovviamente stava bluffando, ma Pinco, non sapendolo, rimase di sasso. Il re chiamò quindi le guardie e diede ordine di arrestare l’elefante Camillo. “Ma sire, è sicuro che vogliamo scomodare le guardie per un fatto ormai risolto?” Il re non gli diede ascolto, annuì e si ritirò nei suoi appartamenti. Pinco non sapeva cosa fare! Non si aspettava una reazione del genere da parte del buon re, che fino a quel momento si era dimostrato sempre molto clemente, ascoltando le sue storie senza mai prendere provvedimenti. Per lui era diventata quasi un’abitudine, quella di inventarsi qualche storia per ingraziarsi il re: era un meccanismo che ormai si ripeteva quasi quotidianamente e certamente non avrebbe mai voluto creare problemi agli altri abitanti della savana. Pinco non voleva confessare la bugia, per paura della reazione del sovrano, e quindi non disse nulla e se ne andò anche lui. Nel frattempo, il re aveva effettivamente mandato le guardie da Camillo, ma per avvisarlo di stare al gioco e di fingersi disperato per l’arresto. Dopo la spiegazione, le guardie lo prelevarono e lo portarono in prigione. “Maestà, perché mi fate questo?”, piagnucolava l’elefante Camillo, interpretando il ruolo del povero prigioniero. “Taci, ladro!”, rispondeva il re, in tono perentorio. Pinco non sapeva davvero più cosa fare. Per qualche giorno rimase alla larga dal re, in preda al rimorso, e anche perché temeva che il re gli ponesse delle domande, magari su altri abitanti della savana che lui aveva screditato in passato. Arrivò il giorno del processo e il re Jelani riunì gli abitanti della savana per giudicare se l’elefante Camillo fosse colpevole di furto, oppure innocente. Senza troppi giri di parole, il re dichiarò Camillo colpevole, essendo stato colto con le mani nel sacco da Pinco, e lo condanno all’esilio. All’udire quella sentenza così ingiusta, lo struzzo Pinco, ormai travolto dai sensi di colpa, decise di confessare la bugia: “Sua maestà, chiedo umilmente perdono. Sono stato io a inventare la storia del furto, ma non credevo che saremmo arrivati a questo punto. Chiedo perdono per quello che ho fatto a lei, sire, e a tutti i presenti. Volevo essere stimato e apprezzato e temevo di perdere il mio posto da consigliere, se non avessi dimostrato di essere il migliore di tutti. Prometto che non accadrà mai più”.

Tutti i presenti fecero un grosso applauso allo struzzo che aveva dimostrato grande coraggio e onestà, ammettendo la sua colpa. Il re Jelani ovviamente lo perdonò: “Mio caro e fedele Pinco, tu non hai bisogno di inventarti bugie per dimostrare quanto vali. Ti ho scelto per stare al mio fianco ad aiutarmi nel difficile compito di governare, perché per me tu sei il più affidabile e attento tra tutti gli animali della savana. Non permettere mai alle tue insicurezze di guidarti su una strada sbagliata. Lo devi promettere a me, a tutti loro e a te stesso. Questa volta hai il nostro perdono, ma un fatto simile non dovrà mai più accadere”. Pinco promise che non avrebbe mai più raccontato bugie e che sarebbe stato per sempre un perfetto consigliere. La savana poteva dormire sonni tranquilli, vegliata dal saggio re Jelani e dal suo fedele consigliere Pinco

Ma tu sai cos’è esattamente la legge della savana?
Nella savana ci sono predatori e prede, c’è chi caccia e chi viene cacciato. Quindi, se ci sono tanti erbivori, anche per gli animali carnivori la vita è più semplice. E gli animali erbivori vivono bene in presenza di acqua e di erba. Quindi, in caso di numerose mandrie di erbivori, le prede più facili saranno gli animali più deboli, mentre i più forti sopravviveranno per dare vita ad altri simili.

Se per qualsiasi motivo questo equilibrio non viene rispettato, allora si mette a rischio la vita di tutta la fauna presente sul territorio. Pinco segnala la cattura impropria di uno gnu in salute, che se fosse stato mangiato dai leoni non avrebbe potuto contribuire alla riproduzione

Ti sei chiesto come ha trascorso i suoi giorni in prigione il povero elefante Camillo, incarcerato ingiustamente?
All’insaputa di Pinco, Camillo venne trattato come ospite gradito, servito e nutrito in modo adeguato dalle guardie che lo aiutarono a trascorrere quei giorni di prigionia nel modo più sereno possibile. D’altronde Camillo era contento di poter dare il suo contributo alla comunità, aiutando il re in questa missione.